Di cosa mi occupo

In particolare mi occupo di:

 

Servizi offerti: Altri servizi:
colloqui diagnostici consulenza per difficoltà legate al comportamento e all’orientamento sessuale
colloqui di consulenza orientamento per le famiglie con membro disabile
sedute di psicoterapia: individuali di coppia e familiare lavoro in rete per i disturbi del comportamento alimentare
  incontri di mediazione familiare

 

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Problematiche dello sviluppo

"Nella nostra infanzia c'è sempre un momento in cui una porta si apre e lascia entrare l'avvenire" G. Greene

Quando parliamo di problematiche familiari o dello sviluppo tipiche dell'infanzia e dell'adolescenza si intendono tutte quelle situazioni in cui qualcuno, il più delle volte un minore, si fa portatore di un sintomo specifico quale comunicazione di sofferenza a carico di tutto il sistema famiglia. Seguendo il mio modello di lettura degli eventi, il sintomo potrebbe essere letto quale momento critico dello sviluppo e partendo da esso ogni singolo componente di una famiglia può bloccarsi tra le sabbie mobili della propria storia o aprirsi a nuove opportunità di crescita. Tale disagio diventa cosi una finestra aperta sul cambiamento, esso non va inteso in quanto limite ma una potente e irripetibile risorsa interna a quel contesto. Molte problematiche infantili quali l'enuresi, l'iperattività, il mutismo, la balbuzia, ecc. ed infinite tipologie di disagio adolescenziale, quale l'eccessivo ritiro o atteggiamenti di ribellione incontenibile, possono essere lette quali comunicazioni di un sistema sofferente. Ritengo importante proprio partendo dalle relazioni di appartenenza favorire un processo terapeutico di ridefinizione dei significati riguardanti l'intero sistema famiglia. Quando il sintomo è a carico di un minore, diventa necessario coinvolgere l'intera famiglia nel trattamento terapeutico in quanto risorsa primaria per un adeguato percorso di cura emotivo-relazione.

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La dipendenza

"E' una bella prigione, il mondo" W. Shakespeare

Spesso si incomincia per gioco, curiosità, imitazione etc.., e si finisce per esserne schiavi. Schiavi di internet, dello shopping, del sesso, delle droghe, del cibo, del gioco di ogni tipo di comportamento o sostanza che abbia il potere di alleviare la sofferenza, il dolore, l’ansia o altri stati emotivi negativi. Ovviamente è importante precisare che non tutti diventano schiavi di questo intimo turbamento e allora viene naturale chiedersi perché alcuni lo diventano ed altri no. La risposta è che per questi “alcuni” la droga, il cibo, il sesso o altro, rappresentano l’unica soluzione possibile al proprio “male di vivere”, per loro non esistono altre vie di uscita. Ciò significa che non si diventa schiavi, ovvero dipendenti, per caso, ma esiste in alcune persone una vulnerabilità di base che le predispone in condizioni di sofferenza a ricorrere a comportamenti di dipendenza quale unica difesa di fronte al pericolo, all’angoscia di sentirsi annientati, frammentati, svuotati. E' possibile che i potenziali DP nella primissima infanzia abbiano vissuto un processo di separazione/abbandono dalle proprie figure di attaccamento portandosi dentro un pervasivo senso d’impotenza e di vuoto esistenziale. Solo l’esperienza di una “sana” dipendenza nell’infanzia permette la conquista di un’ indipendenza autentica nell’adulto: solo l’essere capaci di dipendere consente di stabilire relazioni in cui il bisogno di affermazione della propria individualità convive armoniosamente col bisogno di essere in relazione con l’altro. Quando tra queste due spinte pulsionali si crea uno squilibrio è possibile che l'individuo abbia o un disperato bisogno dell’altro, in assenza del quale non ci si sente vivi, oppure possa agire una fuga continua dall’altro il quale viene vissuto come minaccia all’integrità del proprio sé. Il piacere che deriva da qualsiasi forma di dipendenza patologica si deve intendere come un rifugio della mente, una realtà parallela in cui sono assenti le dolorose sensazioni ed emozioni sperimentate nella realtà ordinaria. In tutte le forme di dipendenza patologica si esprime infatti sia un desiderio di fuga, sia l’incapacità di tollerare il dolore mentale, che non viene né pensato, né fatto oggetto di una riflessione consapevole ma agito e annullato per mezzo della creazione di emozioni e sensazioni ripetitive raggiunte con modalità comportamentali sempre più compulsive.

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I disturbi del comportamento alimentare

"Non vorrei mai morire per le mie idee, perché potrebbero essere sbagliate" B. Russell

I disturbi alimentari quali l'anoressia, la bulimia, l'obesità hanno a che fare con un tipo di angoscia esistenziale che molto ha in comune con i disturbi di tipo dipendente. Questa espressione sintomatica è solo la parte emergente di un iceberg, esiste infatti tutta una problematica sommersa che pervade l'esistenza del portatore del sintomo e del suo intero sistema di appartenenza. Le persone che soffrono di disturbi alimentari, mediante l'autocontrollo, gli agiti o comportamenti confusi, hanno come l'illusione di spostare sul cibo l'angoscia e la mancanza di controllo che percepiscono avere sulla propria vita. La mancanza di autostima e un ideale di perfezione sono i sentimenti prevalenti che rinforzano ciclicamente la sintomatologia. Molte persone intraprendono una dieta per controllare il peso corporeo ma non per questo sviluppano questo tipo di patologie, nei casi di grande sofferenza invece questo costituisce un fattore precipitante legato ad una grande insoddisfazione psico-corporea. La dieta, specie nei casi di anoressia, diventa così uno strumento di controllo severo, utile ad aumentare la propria stima e la percezione del proprio valore, ovviamente tutto ciò è molto lontano dalla semplice esigenza di perdere qualche chilo. Al pari di un alcoolista che inizialmente utilizza la sostanza per incrementare la propria stima ed avere successo nelle relazioni per poi divenirne completamente dipendente fino all'autodistruzione, così chi soffre di disturbi alimentari inizia mediante una dieta ad esercitare su di sè un certo autocontrollo, rinforza il valore personale, divenendo però, poi dipendente da un falso ideale di perfezione che lo imprigiona dentro comportamenti compulsivi altamente autodistruttivi. E' di fondamentale importanza leggere tali comportamenti lesivi, quali comunicazioni interne al sistema famiglia, l'attuazione simbolica di fantasie, credenze, mitologie familiari che si tramandano lungo le generazioni, quali attualizzazioni presenti di antiche angoscie incontenibili che possono divenire porta di accesso all'inconscio e chiave di svolta verso il cambiamento. Anche i condizionamenti culturali hanno il loro peso sulla psiche e l'instaurarsi della patologia. Il clima culturale e sociale propone un immagine di femminilità ideale, difficile è infatti sviluppare un’identità femminile armonica in grado di rispondere sia alle proprie aspettative interiori che a quelle di un mondo esterno che impone invece un modello di donna competitiva, autonoma, di successo a cui è associato spesso l'ideale della magrezza e della perfetta forma fisica. Non è possibile esaurire qui un argomento così articolato e pieno di significati, ritengo a tal proposito però, che per entrare realmente a contatto con tali turbamenti di un anima sia necessario uno sguardo, si competente ma anche attento e sensibile capace di incontrare la complessità di un altro la cui unicità e difficilmente descrivibile.

 

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Lavoro in rete per i disturbi del comportamento alimentare.

Data la complessità del disturbo alimentare è disponibile un intervento di rete integrato medico – famiglia - psicoterapeuta. Il medico-nutrizionista si pone come guida nel programma alimentare la dove il soggetto ha imparato a nutrirsi in modo poco equilibrato, il suo intervento ha lo scopo di far apprendere corrette abitudini alimentari e un sano stile di vita. Il disturbo alimentare è sicuramente frutto di un squilibrio patologico dell'anima che si proietta nel rapporto con il cibo ed con il proprio corpo, per cui intraprendere un percorso di cura orientato verso un immagine corporea di sè equilibrata lontana da fantasie idealizzate o svalutanti, è uno dei passi imprescindibili per iniziare a prendersi cura di se. La famiglia ha il compito di accompagnare il paziente designato lungo il percorso di cura, divenendo partecipe di un processo di crescita trasformativo comune, dove spesso il sintomo ha lo scopo di preservare lo stallo evolutivo di un intero sistema di appartenenza. Ritengo, il lavoro con la famiglia elettivo in questo tipo di patologie poichè essa si pone come risorsa primaria in grado di tasformare dei significati comunicativi distorti e spesso paralizzanti che si agitano all'interno di questi sistemi relazionali. Un intervento integrato medico-psicologo-famiglia diventa di fondamentale importanza per sostenere un nuova comunicazione dentro al sistema familiare cosi che il portatore del sintomo possa liberarsi da angosce sacrificali tramandatesi nel tempo lungo la sua storia riapropriandosi finalmente della proria autonomia.

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La depressione

"L'uomo ha bisogno di quello che ha in sè di peggiore per raggiungere ciò che di migliore esiste in lui" P. Coelho

La depressione... dentro essa è condensato tutto un mondo colorato pronto ad accendersi di luci, da un' altra parte c'è un’anima che guarda e che non può vedere: tra se e quel mondo c'è un vetro spesso e polveroso che di tali luci può rimandare solo un lontano e opaco riflesso. La malinconia, nome originario della depressione, è una parola che ha dentro un qualcosa di struggente e dolce che lentamente avanza, penetra, avvolge tra le sue spire ed infine sommerge nella sua trasparente oscurità. La malinconia, a differenza del termine più generico di depressione, si riferisce al malessere di un anima. Chi di noi non conosce “Signora Malinconia”, che ci è stata compagna e amante, una o più volte nella vita, essa può divenire però patologia quando supera certe soglie poste lungo un ipotetico continuum che conduce dalla salute-normalità verso la malattia-follia, in tal caso la depressione da comune malessere umano si trasforma in una vera e propria malattia. La tristezza viene accompagnata da mancanza di energia, incapacità di godere dei piaceri, disturbi relativi al sonno e all’alimentazione, insorge un senso di avversione per se stessi verso la caduta dell’autostima e una crescente sensazione d’inutilità, disturbi cognitivi, difficoltà di concentrazione, confusione, perdita di memoria si alternano a periodi di lucidità e altro ancora. La depressione clinica può colpire chiunque, all’improvviso o in forma strisciante in un lento ed inesorabile crescendo. Sulla sua eziologia e sintomatologia sono state scritti fiumi di parole ma di fatto resta un grande mistero. E' certo che la depressione dei genitori sia un fattore predisponente, tuttavia non si è ancora potuto stabilire in quale misura la tendenza sia trasmessa geneticamente o in quale misura invece sia una reazione ambientale. E' indubbio che la “perdita”, è la chiave per una sua corretta comprensione sia riguardo il suo sviluppo, che la sua genesi. La straordinaria corrispondenza che esiste infatti tra gli stati affettivi della depressione e del lutto, hanno spinto a cercare le origini delle dinamiche depressive in premature e dolorose esperienze di perdita o separazione dall’oggetto d’amore, tale perdita può essere sia reale che interna alla psiche. La “perdita” invaderà tutta la vita della persona: perdita dell'autostima, della fiducia, della speranza, abbandoni, ecc. Esperienze reali di perdita o di separazione si trasformano nella convinzione inconscia della proprio disvalore e della propria colpevolezza. La depressione quale disturbo del tono dell’umore, si distingue in depressione endogena non collegabile ad eventi esterni e depressione esogena, reattiva connessa a malattie organiche o collegata ad esperienze di perdita quali lutti o separazioni.

Kierkegaard, considerava l’angoscia un’ineliminabile qualità dell’esistenza umana. Secondo il filosofo l’uomo è libero di scegliere, e tale libertà si traduce in un profondo sentimento d’angoscia che non è qualcosa di patologico ma che appartiene ad ogni uomo, come semplice angoscia di vivere. Tutti abbiamo fatto conoscenza con tale sentimento, l’anima precipita improvvisamente di fronte all’imprevedibile ed è costretta a fare esperienza della propria vulnerabilità, ma è proprio questo male dell’anima che nutre negli artisti in genere la creatività umana.

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Stati di ansia

"La ragione é, e deve solo essere, schiava delle passioni, e non può rivendicare in nessun caso una funzione diversa da quella di obbedire e di servire ad esse" D. Hume

Il Dio “Pan”: il panico

La parola “panico” deriva dal nome del dio Pan: un antico dio greco che ogni qual volta un viandante disturbava la sua siesta lanciava un urlo terribile da terrorizzare chiunque lo udisse. Il dio Pan, tuttavia fosse in grado di far rizzare i capelli a chi avesse la sventura di udire il suo urlo, era in realtà un dio pigro e di buon carattere che si accontentava di vivere pascolando il suo gregge. Urlava quando veniva disturbato, ma in realtà non faceva del male a nessuno. Non esiste essere o evento in natura capace di scatenare una paura pari al “panico”, solo un dio, un essere sopranaturale è in grado di generare una paura tanto intensa. Per questa ragione il panico potrebbe essere inteso quale terrore “divino” che dispiega davanti ai nostri occhi, catastrofi inimmaginabili per la mente umana che ne resta indubbiamente annichilita.

La paura, l’ansia in genere sono emozioni la cui funzione è protettiva per l'individuo esse infatti preparano l’organismo ad affrontare situazioni di rischio, avvertono dell’imminenza del pericolo predisponendo a comportamenti di attacco o di fuga al fine di preservare la sopravvivenza. Se il pericolo è reale saremo preservati, ma se non lo è, saremo pervasi da una grande ed inutile paura che continuerà ad auto alimentarsi crescendo a dismisura. Fino a divenire un vero attacco di panico.

Tra i sintomi troviamo:

Sensazione di mancanza d’aria e soffocamento - esigenza di più energia tradotta con maggiore necessità di ossigeno

Sensazione di capogiro e perdita dei sensi - maggiore apporto di ossigeno che non viene smaltito

Sensazione di tachicardia, palpitazioni - il cuore pompa di più per mandare segnale di pericolo al cervello

Pelle d’oca, pallore, sudorazione, brividi di freddo, vampate di calore - la vasocostrizione periferica che permette di dirottare più quantità di sangue agli organi interessati, la risposta fisiologica produce le sopraelencate reazioni

Sensazione di tensione o crampi addominali - inibizione della digestione per usare meno energia di fronte al pericolo

Episodi di diarrea e diuresi o sensazione di perdere il controllo degli sfinteri - eliminazione di pesi inutili in un organismo che deve essere pronto a comportamenti di attacco o fuga

Tremore alle estremità - probabilmente dato da un aumento del tono muscolare per una pronta ed efficace reattività

Tutti questi fenomeni generalmente si attivano assieme ad una maggiore reattività di tipo cerebrale: aumento dell’attenzione, l'accelerazione del pensiero, modificazioni della percezione ecc., tutte sensazioni che alimentano il pensiero di morire o diventar pazzi. L'insieme di tutte queste reazioni fisiologiche viene definito arousal somatico ed è, come dicevamo sopra, funzionale alla sopravvivenza di un individuo che si trova di fronte ad un pericolo presente o imminente. Se l’attivazione dell’arousal è causato da interpretazioni percettive errate esso non trova sfogo in comportamenti adeguati e aumenta a dismisura, divenendo fattore di mantenimento di un terrore infondato o attacco di panico che tanto più si vuol controllare tanto più si autoalimenta. Si innesca un meccanismo perverso che allo stesso tempo mantiene e incrementa lo stato di angoscia. Come difendersi dalla paura della paura? La via più sicura è evitare ogni possibile esperienza che in qualche modo contenga anche la minima probabilità di esposizione al pericolo tanto temuto. L’evitamento diventa così un comportamento capace di dare un temporaneo sollievo alla paura, diventa una strategia di successo ma come tale rinforza il timore del terrore che il paziente paga con una crescente limitazione della propria vita. Maggiore sarà la quantità di attenzione concentrata sul proprio sé, minore sarà quella disponibile per gli eventi esterni e maggiore sarà il proprio disvalore tra le sbarre di una prigione ogni giorno più angusta e soffocante, sempre più schiacciati dalla propria impotenza di fronte al trionfo di una paura assolutamente mitizzata.

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La paura del giudizio altrui

"Non bisogna tenere in massimo conto il vivere come tale, bensì il vivere bene" Platone

Un insaziabile desiderio di fare buona impressione e contemporaneamente una terribile paura, quasi certezza, che si farà invece una brutta figura, questi sono i due principali antagonisti che caratterizzano i processi psichici tipici del disturbo d’ansia sociale. Il fobico sociale ha l’intima e indiscutibile convinzione di apparire agli occhi degli altri come un individuo ridicolo e inadeguato. Incontrare persone, parlare in pubblico, mangiare, telefonare davanti agli altri, diventano prove, esami da superare, continue occasioni di vergognose “figuracce”, nei casi più gravi il disturbo comporterà il peggioramento della qualità di vita del paziente compromettendo il rendimento e la possibilità di stabilire relazioni affettive soddisfacenti. L’ansia, con i suoi correlati fisiologici, è una reazione naturale degli organismi viventi dinnanzi al pericolo, talvolta però questi può trasformarsi in un disturbo quando cessando di essere un segnale che ci allerta diventa essa stessa il “pericolo”. Questa operazione mentale è tipica di quelle persone che non hanno familiarità con le loro emozioni. Una situazione può far paura, la paura genera ansia e l’ansia scatena uno dopo l’altro tutta una serie di sintomi e reazioni somatiche che a loro volta amplificano l'ansia e le paure. Tremori, rossori, sudorazione, palpitazioni, confusione e soprattutto vergogna, sguardo sfuggente e desiderio di sparire sono tipici dell'ansia sociale. Per chi soffre di questo disagio sarà impossibile fare buona impressione, offrendo infatti un immagine di sé scadente, egli stesso si convincerà del proprio disvalore e non riuscendo a tollerare la disapprovazione altrui, sarà allora la catastrofe. Il fobico sociale si paralizza e non ha altra scelta che la fuga per evitare qualunque situazione lo possa esporre al rischio della vergogna. Come una profezia che si auto-avvera il sintomo si alimenta e consolida mediante un attenzione esagerata rivolta a sè, le informazioni provenienti dall’esterno sono colte ed organizzate in modo distorto, aumenta l'autocritica, la propria percezione inadeguata con conseguente rafforzamento del disturbo:sentirsi inadeguato per il fobico sociale corrisponde ad “esserlo”.

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Difficoltà legate al comportamento o all’orientamento sessuale

"E’ più facile spezzare l’atomo che un pregiudizio" A. Einstein

Quando parliamo di difficoltà di orientamento sessuale ci inoltriamo dentro ad una dimensione della psiche complessa e delicata, innumerevoli sono infatti le distinzioni che differenziano l'oggetto d'amore, il decorso e la meta delle nostre più intime pulsioni libidiche. Esse si manifestano a livello comportamentale mediante molte modalità di amare: coppie di uomini o donne dove la loro sensibilità si manifesta in modi del tutto propri, anime maschili e femminili imprigionate inesorabilmente dentro ad un corpo di sesso opposto, profondamente disorientati e confusi nel proprio sentire, imprigionati nel disagio, nell’isolamento e in sensazioni di rifiuto che spesso accomunano in modo desolante gay, bisessuali e transessuali. Uno spazio di supporto psicologico può in queste situazioni accompagnare l'individuo a leggere ed accettare le proprie emozioni con serenità e senza vergogna. In un contesto protetto e non giudicante temi quali l'identità, lo svelamento la costruzione di una vita sentimentale e relazionale soddisfacente possono influire positivamente sul benessere e l' autostima, sia di chi si riconosce gay, lesbica o trans, sia di chi è in dubbio sul proprio orientamento sessuale o identità di genere, lo scopo è riattivare un processo evolutivo offuscato dalla confusione e dai pregiudizi. Ovviamente quando parliamo di difficoltà dell'orientamento sessuale è estremamente importante il ruolo giocato dai sistemi familiari di appartenenza poiché la scoperta dell'omosessualità o di un identità di genere non conforme alle aspettative socioculturali, del proprio figlio o della propria figlia è certamente tra le sfide più difficili alla genitorialità. I genitori in questi casi, sono spesso invasi da sentimenti di rabbia e vissuti di sconfitta, divenendo incapaci di ridefinire delle comunicazioni adeguate con i figli, proprio in questo momento cosi delicato della vita del loro congiunto. Offrire interventi di tipo familiare è di fondamentale importanza perchè aiuta a sostenere adeguatamente le competenze parentali e la comunicazione interna del sistema favorendo l'evoluzione di un percorso imbrigliato tra le sabbie mobili del segreto e del pregiudizio.

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Incontri di mediazione familiare

"Non le lotte o le discussioni devono impaurire, ma la concordia ignava e l'unanimità dei consensi" L. Einaudi

La mediazione familiare si occupa di conflittualità familiare relativa a separazioni e divorzio.Si rivolge alle coppie che vivono un forte disagio personale o hanno problemi nella relazione con i figli a causa della rottura del rapporto coniugale. In genere la mediazione si compone di sei, dieci incontri. I primi due sono di tipo individuale, con ognuno dei due partner, i successivi sono di coppia. Sarà affrontato il tema della genitorialità in coppie alle porte di una separazione al fine di tutelare le esigenze dei figli coinvolti, elaborando insieme la fine di un rapporto e il recupero degli aspetti positivi della relazione. La mediazione offre, nei casi di grande conflittualità, uno spazio di confronto con il partner in una situazione di contenimento, stimola l’attivazione di risorse e competenze personali nei membri della coppia, sostenendo la genitorialità ed evitando la cronicizzazione del conflitto.

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L'orientamento per le famiglie con membro disabile

"Nessuno può essere libero se costretto ad essere simile agli altri" O. Wilde

La nascita di un figlio solitamente è un evento lieto che però comporta un certo grado di cambiamento nella vita della coppia, infatti non di rado si trasforma in una fonte di stress data la continua corsa per soddisfare le esigenze del piccolo arrivato. Se le gratificazioni compensano gli sforzi dei genitori tutto prosegue secondo un naturale processo evolutivo, nel caso delle famiglie con un membro disabile questo non accade infatti le soddisfazioni sono ridotte e lo stress non ha cuscinetti di assorbimento, cosi che il percorso genitoriale diventa più complesso e articolato. La nascita di un bambino disabile è un momento drammatico che causa lo stravolgimento delle relazioni nel sistema. Ogni membro sperimenterà diverse emozioni, i genitori non dovranno affrontare soltanto le loro ma anche le difficoltà di tutti i membri della famiglia, sarà cosi per loro l'inizio di un cammino tortuoso dove tutti saranno posti di fronte ad una grande rinuncia: rinnegare l’immagine del bambino ideale per accettare il bambino reale. I genitori in particolare attraverseranno molti momenti di crisi: l'elaborazione di una profonda ferita narcisistica tra lo shock e il rifiuto, il senso di colpa legato al proprio modo di aver accettato e portato avanti la gravidanza, la disperata ricerca di una soluzione, l'illusione di una possibile guarigione, la disillusione, la rabbia, il senso di vuoto, la vergogna e la paura del futuro verso una difficilissima accettazione delle cose. Questa naturalmente non vuol dire cessazione del dolore ma imparare a vivere bene con coraggio, comprendendo profondamente la realtà dell'handicap. Le fasi critiche che una famiglia di questo tipo incontra possono essere lette come tipiche di un processo evolutivo che però trova nel suo lineare percorso degli ostacoli. Questi per essere superati hanno bisogno di un adeguato spazio di sostegno che possa orientare i membri di un sistema famiglia verso il proprio naturale processo di crescita la dove solo apparentemente sembra esser stato paralizzato dai sentimenti di rabbia, depressione e profonda solitudine.

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Disagi nella relazione di coppia: conflitti coniugali, disagi nella sfera dell'intimità sessuale, separazioni coniugali

"Il matrimonio è come una trappola per topi; quelli che son dentro vorrebbero uscirne, e gli altri ci girano intorno per entrarvi" G. Verga

La formazione di una coppia è certamente un particolare momento del ciclo di vita di una famiglia e poiché la sua formazione coincide con l'unirsi di due mondi distinti, il suo consolidamento è ostacolato da innumerevoli nemici. Essa diventa, infatti, bersaglio di insidie, gelosie che potrebbero mettere a repentaglio la solidità affettiva della coppia spalancando le porte a disagi nella relazione, difficoltà di comunicazione, logoranti o confondenti conflitti coniugali, tradimenti, relazioni triangolari, fino alla separazione dove il rapporto stesso diventa il campo di battaglia dove contendersi la prole. Seguendo questo modello di lettura degli eventi, la separazione coniugale rende visibile la storica distanza/vicinanza tra Scilla e Cariddi dove i figli contesi tentano di riavvicinare due sponde ormai alla deriva, solo la consapevolezza, l'accettazione che i coniugi hanno della loro reale distanza potrà definire un processo di separazione emotiva la dove spesso ci si separa senza separarsi. La realtà emotiva di queste coppie in crisi potrebbe essere letta come il ripetersi di una storia già scritta che si tramanda lungo le generazioni. Storie di sofferenti prigionie e depersonalizzazione, di separazioni mai avvenute o per giunta di unioni mai consolidate sono la dimensione psichica di disagi comunicativi i quali possono divenire un opportunità per conoscere la propria storia e orientarsi liberamente verso percorsi alternativi. Secondo il mio modo di intendere i sintomi anche molti disturbi nella sfera dell'intimità sessuale, quali il vaginismo, l'impotenza, le perversioni ecc, credo abbiano origini profonde nella dimensione relazionale, diventa così prioritario capirne il significato al fine di riattivare un percorso evolutivo congelato dentro l'annichilimento della dimensione del piacere.

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